09/11/2025

PMI italiane in crisi: la colonna portante dell’economia si sta sgretolando nel silenzio generale

Le piccole e medie imprese italiane, cuore dell’economia nazionale, stanno attraversando una crisi senza precedenti. Stretta creditizia, costi energetici elevati, pressione fiscale e ritardo nella digitalizzazione stanno mettendo in ginocchio oltre 4 milioni di aziende. Secondo Cerved, nel biennio 2024-2025 il rischio di default ha raggiunto l’8,5%, con migliaia di chiusure e una perdita significativa di posti di lavoro. La crisi colpisce soprattutto il manifatturiero e i servizi, con ripercussioni gravi sull’occupazione e sul tessuto produttivo locale. Urgenti misure fiscali, credito agevolato e sostegni all’innovazione per evitare un collasso del sistema economico italiano.

Le PMI italiane affrontano una crisi profonda tra tasse alte, stretta creditizia e costi energetici. A rischio 4 milioni di imprese.

Le PMI italiane affrontano una crisi profonda tra tasse alte, stretta creditizia e costi energetici. A rischio 4 milioni di imprese.

Crollano i margini, chiudono migliaia di aziende. Stretta creditizia, tasse alte e digitalizzazione lenta: ecco la “tempesta perfetta” che colpisce 4 milioni di imprese italiane.

A cura di Raffaele Tafuro

Il quadro generale

Sono oltre 4,3 milioni le piccole e medie imprese (PMI) in Italia — pari al 99,9% del tessuto produttivo nazionale — ma il loro ruolo centrale non le mette al riparo da una crisi strutturale sempre più profonda.

Secondo il rapporto 2025 dell’OCSE, le PMI italiane generano circa il 70% del valore aggiunto nazionale e impiegano l’80% della forza lavoro privata. Tuttavia, negli ultimi 24 mesi si registra un crollo senza precedenti nei margini operativi, un’impennata dei fallimenti e un calo generalizzato della fiducia.

Il dato più allarmante arriva da Cerved: nel biennio 2024-2025, il rischio di default per le imprese italiane è salito all’8,5%, con oltre 2.800 aziende chiuse solo nel primo semestre del 2025 (fonte: Money.it).

Settori più colpiti

I comparti manifatturiero, commercio al dettaglio e servizi alle imprese risultano i più penalizzati.
Nel solo settore manifatturiero, in 15 anni si sono perse circa 60.000 imprese e oltre 320.000 posti di lavoro (fonte: Impreseterritorio.org).

L’indice PMI manifatturiero di ottobre 2025 — parametro che misura la fiducia degli operatori — è sceso a 49,2, valore che indica contrazione economica (fonte: Confindustria).

Accesso al credito sempre più difficile

Le banche italiane hanno ridotto l’erogazione di prestiti alle micro e piccole imprese, spostando l’attenzione verso clienti più strutturati.
Secondo un’analisi del Centro Studi Metatasse, la stretta creditizia è ormai il primo ostacolo dichiarato dalle PMI insieme all’aumento dei costi fissi e burocratici.

Il tasso medio d’interesse sui nuovi finanziamenti è salito oltre il 6%, contro il 2,8% del 2021.
Nel frattempo, molte aziende si rivolgono al mercato alternativo dei minibond o delle piattaforme fintech, ma la fiducia resta bassa e i volumi insufficienti.

Energia, inflazione e tasse: il “triangolo del soffocamento”

A gravare ulteriormente sui bilanci, il caro energia: sebbene i prezzi siano in parte scesi rispetto al picco del 2022, restano del 35% superiori ai livelli pre-pandemia.
Secondo Confartigianato, una PMI su tre nel 2025 dichiara di non riuscire a sostenere i costi energetici correnti.

A questo si aggiunge una pressione fiscale reale al 43,5%, con punte oltre il 60% per le microimprese (fonte: Metatasse.it).

Digitalizzazione: il ritardo che pesa

Solo l’8% delle imprese italiane ha adottato strumenti basati su intelligenza artificiale (fonte: Reuters, maggio 2025).
Un ritardo che limita produttività e competitività sui mercati globali.

Il fatturato derivante da e-commerce per le PMI (10-249 addetti) è fermo al 16,9%, molto sotto la media europea (fonte: TradingEconomics – Eurostat).

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Struttura fragile e concorrenza globale

Il 93,3% delle imprese italiane ha meno di 10 dipendenti, contro una media UE di 78%.
Ciò limita la capacità d’investimento in R&S, innovazione e formazione, e rende più difficile affrontare shock esterni come guerre, pandemie o crisi della domanda.

Secondo Linkiesta, la dimensione media di un’azienda italiana è di 4 addetti, una soglia che impedisce economie di scala e accesso ai mercati esteri.

Le conseguenze

  • Aumento della disoccupazione nelle aree industriali e interne, soprattutto nel Sud Italia.
  • Calo del gettito fiscale e dell’attrattività per gli investitori esteri.
  • Erosione del capitale imprenditoriale nazionale, con perdita di know-how e chiusura di filiere storiche.
  • Emigrazione di giovani e talenti, che scelgono mercati più dinamici e accessibili.

Le proposte sul tavolo

Tra le misure urgenti indicate da analisti e associazioni d’impresa:

  1. Potenziare il Fondo di Garanzia per le PMI, ampliando i criteri di accesso.
  2. Ridurre la pressione fiscale sulle imprese che investono in innovazione e assunzioni.
  3. Semplificare gli adempimenti burocratici e digitalizzare i rapporti con la PA.
  4. Creare poli territoriali di innovazione per favorire la transizione digitale.
  5. Rilanciare il Sud con incentivi infrastrutturali e credito agevolato.
  6. Promuovere la cultura d’impresa giovanile e femminile, con microcredito dedicato e formazione.

L’analisi finale

“Le PMI non sono solo numeri, ma il cuore pulsante dell’Italia produttiva. Se si spegne questo motore, il Paese intero rischia di fermarsi.”
Rapporto Imprese & Territorio 2025

La “crisi silenziosa” delle PMI italiane è oggi il vero banco di prova per la politica economica nazionale.
Servono interventi rapidi, mirati e strutturali. Non salvataggi temporanei, ma una visione industriale di lungo periodo, capace di ridare fiducia e futuro alle imprese che ogni giorno tengono in piedi il Paese.

Fonti principali:
OCSE – EIB – Cerved – Confindustria – Reuters – Money.it – Linkiesta – Impreseterritorio – Metatasse – Eurostat – Confartigianato – MIMIT

 

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